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Riformato il reato di falso in bilancio

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L’Aula della Camera ha approvato definitivamente il D.D.L. anticorruzione, con il quale è stata designata una nuova disciplina in tema di falso in bilancio.

Il nuovo reato di falso bilancio

Le nuove disposizioni in tema di falso in bilancio sono racchiuse negli articoli 2621, 2621-bis, 2621-ter e 2622 C.c.

NORMATIVA

Art. 2621 c.c. – (False comunicazioni sociali). – Fuori dai casi previsti dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni.

La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi».

NORMATIVA

Art. 2621-bis c.c. – (Fatti di lieve entità). – Salvo che costituiscano più grave reato, si applica la pena da sei mesi a tre anni di reclusione se i fatti di cui all’articolo 2621 sono di lieve entità, tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta.

Salvo che costituiscano più grave reato, si applica la stessa pena di cui al comma precedente quando i fatti di cui all’articolo 2621 riguardano società che non superano i limiti indicati dal secondo comma dell’articolo 1 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267. In tale caso, il delitto è procedibile a querela della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale.

NORMATIVA

Art. 2621-ter. – (Non punibilità per particolare tenuità). – Ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’articolo 131-bis del Codice penale, il giudice valuta, in modo prevalente, l’entità dell’eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori conseguente ai fatti di cui agli articoli 2621 e 2621-bis».

NORMATIVA

«Art. 2622. – (False comunicazioni sociali delle società quotate). – Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da tre a otto anni.

Alle società indicate nel comma precedente sono equiparate:

1)  le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea;

2)  le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano;

3)  le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea;

4)  le società che fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo gestiscono.

Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi».

Dagli articoli di legge appena richiamati è evidente comprendere come siano previste pene più severe per le false comunicazioni sociali: non più, infatti, l’arresto fino a due anni, ma la reclusione da uno a cinque anni.

Le pene sono ancora più aspre se la società è quotata: in questo caso è infatti prevista la reclusione da tre a otto anni, come chiarisce il successivo articolo 2622 c.c.

Buone notizie, invece, per le realtà più piccole. Viene infatti introdotto uno specifico articolo per i “fatti di lieve entità”, in virtù del quale si applica la pena da sei mesi a tre anni di reclusione se i fatti sono di lieve entità, tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta.

Questa particolare “pena ridotta” può essere applicata anche se il reato riguarda società che non superano le soglie previste per la fallibilità richiamate dall’articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (200 mila euro di fatturato, 300 mila euro di attivo patrimoniale, debiti anche non scaduti superiori a 500 mila euro).

È inoltre da ricordare che, qualora la società non superi i limiti di fallibilità, il delitto è procedibile a querela della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale. In tutti gli altri casi, invece, il delitto è procedibile d’ufficio.

NOVITÀ

IL REATO DI FALSO IL BILANCIO: LE NOVITÀ

Eliminato ogni riferimento alle valutazioni: dopo la modifica normativa, pertanto, gli errori nei processi valutatiti non avranno più rilevanza penale.
Spariscono le soglie di rilevanza penale prima previste, secondo le quali la punibilità era esclusa se le falsità e le omissioni non alteravano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ed, in ogni caso, se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per cento.

Il fatto non era inoltre punibile se risultava essere la conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differivano in misura non superiore al 10 per cento da quelle corrette.

È introdotto l’elemento oggettivo della “concreta” idoneità dell’azione od omissione ad indurre altri in errore.

La previsione che il fatto debba essere concretamente idoneo ad indurre altri in errore lascia ampi margini di discrezionalità al giudice, il quale non è più tenuto alla verifica delle soglie quantitative prima richiamate.

La pena prevista per le società non quotate, compresa tra 1 e 5 anni, permette di applicare la nuova causa di non punibilità per tenuità del fatto: il giudice potrebbe quindi anche ritenere sussistente la particolare tenuità, incentrando la sua valutazione sull’entità del danno (come prevede l’art.2621-ter), e prevedere la non punibilità.
Sul fronte della responsabilità amministrativa degli enti le pene si fanno più aspre: raddoppiano infatti le sanzioni pecuniarie, che possono raggiungere le 600 quote per le società quotate e le 400 quote per quelle non quotate.

Merita infine di essere ricordato che, con lo stesso provvedimento, non è stato riformato soltanto il reato di falso in bilancio, ma sono state altresì previste pene più aspre per i reati contro la Pubblica Amministrazione: dal peculato alla corruzione propria e impropria, senza dimenticare l’induzione indebita e la corruzione in atti giudiziari, il Codice penale è stato profondamente riformato, con una variazione a rialzo delle pene previste.

27 Mag 2015

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